Ultimamente è stato più volte esaminato dai Giudici il problema della somministrazione di farmaci con effetti collaterali che si ripercuotano non solo sulla paziente ma anche sull’eventuale nascituro.
Ha fatto scalpore la sentenza della III Sezione della Corte di Cassazione n. 16754/2012, la quale ha condannato il medico e la struttura sanitaria a risarcire, non solo i genitori, ma anche il bambino nato con la sindrome di Down. Tale sentenza sancisce due principi fondamentali: il diritto del nascituro a nascere sano, come diritto inviolabile e costituzionalmente garantito, e il diritto della madre di poter scegliere se proseguire la gravidanza o interromperla di fronte alla piena consapevolezza di una possibile malformazione del nascituro.
Si ritiene che tale principio possa riguardare qualsiasi branca della medicina, in quanto la possibilità di una malformazione del feto, può derivare non solo da una errata o incompleta diagnosi, come nel caso appena evidenziato, ma può essere anche una conseguenza della errata comunicazione degli effetti collaterali dei farmaci somministrati.
A tal proposito, evidenziamo una sentenza del 2009 che ha stabilito la legittimazione della persona nata con malformazioni congenite, derivanti dalla colposa somministrazione di farmaci dannosi alla propria madre durante la gestazione, nei confronti del medico che prescrisse quei farmaci o che, comunque, non li sconsigliò.
Si rileva pertanto come, ancora una volta, l’adempimento dell’obbligo di informazione possa essere considerato come doveroso nucleo centrale di ogni esatto adempimento del medico.
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