Con l’approvazione della Legge di Bilancio per l’anno 2021, il Parlamento italiano ha modificato la legge 10.03.1955, n. 96 (Legge Terracini) sulle “Provvidenze a favore dei perseguitati politici o razziali e dei loro familiari superstiti” cosiddette Benemerenze, accogliendo, dopo molti anni, le richieste dell’UCEI.
Nel 1996 la Corte Costituzionale aveva dichiarato che l’internamento di un ebreo in un campo di concentramento, dopo l’8 settembre 1943, non rientrava nelle ipotesi regolate dalla normativa e di conseguenza le domande, aventi ad oggetto le persecuzioni avvenute successivamente a tale data, non vennero più presentate.
Negli ultimi anni, poi, si era verificato un crescendo di provvedimenti di rigetto delle domande presentate, sia davanti alla Commissione istituita presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, sia davanti alla Corte dei Conti e, spesso, le domande venivano rifiutate perché non era stata fornita la prova rigorosa di uno specifico atto di discriminazione o di persecuzione razziale.
Due le più importanti modifiche effettuate dal Legislatore, seppure con grave ritardo: a) la modifica del dies ad quem per il compimento di atti discriminatori e b) l’introduzione di una presunzione di persecuzione razziale verso gli ebrei, con inversione dell’onere della prova nei confronti del MEF.
a) La prima modifica è relativa al periodo per il quale l’Italia deve rispondere per gli atti di persecuzione che inizia sempre il 28 ottobre 1922, rappresentante il giorno della “marcia su Roma” e dunque l’inizio del periodo fascista ma non termina più con l’8 settembre 1943, giorno della caduta del regime fascista, ma comprende anche il periodo di occupazione successiva all’armistizio e si conclude, quindi, il 25 aprile 1945, giorno della liberazione dal nazifascismo.
Sappiamo bene che anche dopo l’8 settembre 1943 le c.d. “leggi raziali” erano rimaste pienamente in vigore in vaste zone del territorio nazionale, anzi, con ulteriore inasprimento degli atti discriminatori e persecutori, come risulta da fatti storici incontrovertibili verificatisi nei territori occupati per mano delle forze militari nazifasciste.
Né è comunque sostenibile, che avendo il legislatore previsto specifiche provvidenze in favore di chi sia stato colpito, anche per ragioni razziali, da persecuzioni successive alla caduta del fascismo e per opera del regime nazionalsocialista (Corte Costituzionale, 3 luglio 1996, n. 231) il limite temporale alla caduta del fascismo possa costituire anche il termine finale delle ipotesi persecutorie da prendere in considerazione per il riconoscimento del diritto all’assegno di benemerenza.
Viene pertanto e definitivamente riconosciuto che la persecuzione non finì con l’armistizio dell’8 settembre 1943 ma durò per l’intero periodo dell’occupazione nazifascista concludendosi, appunto, il giorno della liberazione.
b) La seconda modifica è quella relativa all’onere della prova.
Fino ad ora la legge imponeva ai richiedenti di fornire una prova rigorosa dell’atto persecutorio subito con prove testimoniali o documentali. Non era quindi sufficiente essere ebrei, per essere considerati perseguitati dalle leggi razziste ed aver subito atti discriminatori, ma si doveva fornire la prova di aver subito atti di violenza specifici e circostanziati.
Più volte il Ministero dell’Economia e delle Finanze si è costituito in giudizio per opporsi o ha appellato le decisioni favorevoli ai richiedenti, sostenendo che: “la semplice entrata in vigore della normativa anti-ebraica, che vietava l’iscrizione per gli studenti ebrei alle scuole di qualsiasi ordine e grado, non possa di per sé costituire la prova dell’avvenuta violazione del diritto della persona all’iscrizione, essendo invece necessaria la dimostrazione, da parte del richiedente, della sussistenza di concrete ed individuali misure di attuazione e, dunque, sempre a dire di controparte, dell’esistenza di un provvedimento di espulsione dalla scuola pubblica nei suoi confronti.” . Spesso tale prova diveniva diabolica.
Finalmente, con la nuova disposizione, viene chiarito che ai cittadini italiani che dopo il 7 luglio 1938 abbiano subito persecuzioni per motivi d’ordine razziale gli atti di violenza si presumono fino a prova contraria, riconoscendo il principio generale che tutti gli ebrei in quel periodo subirono atti persecutori e violenti per effetto delle leggi e circolari promulgate dal Governo italiano.
Questa inversione dell’onere della prova agevola indubbiamente il richiedente l’assegno di benemerenza che in precedenza si vedeva invece costretto, con evidenti difficoltà, a dover dimostrare di aver subìto atti di persecuzione mediante la produzione documenti originali e l’ausilio di testimoni.
Con l’intervento della Legge di Bilancio 2021 finisce quindi l’umiliazione di dover dimostrare la propria persecuzione e si restringe progressivamente lo spazio delle interpretazioni su cosa possa essere considerato come una “prova” di efficacia della macchina persecutoria.
Siamo sicuramente sulla strada giusta ma gli ostacoli non sono ancora tutti superati se solo si pensa che, dopo oltre quattro mesi dalla approvazione della Legge, la Commissione esaminatrice delle domande non si è ancora riunita.
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